Regia di Julie Taymor
Recensione di Silvana Ferrari
Julie Taymor è regista premiata e affermata di opere teatrali e musicali; nel cinema ha esordito nel ’92 con Titus, seguito nel 2002 da Frida, accolti entrambi dalla critica in modo controverso.
Con Across the Universe, in cui ricostruisce gli anni sessanta della sua America – i ‘favolosi sixties’ – crea un’opera originale e innovativa sotto molti aspetti.
La storia, com’è tipico dei musical, è esile e irrilevante: il giovane Jude (Hey Jude), alla ricerca del padre, lascia la squallida e povera Liverpool, dove vive con madre single facendo l’operaio nei cantieri navali, per sbarcare nel caleidoscopico mondo del Village, a New York; qui incontra l’amore, nella figura della bella e impegnata Lucy (Lucy in the Sky with Diamonds), scopre i suoi talenti come artista, si trova in mezzo ad eventi che segnano quegli anni un po’ da osservatore e, dopo una serie di incomprensioni con l’amata, giunge alla felice realizzazione dei suoi desideri.
Quello che determina l’originalità e la genialità del film sta nell’aver utilizzato l’opera dei Beatles – trentatre canzoni scelte fra le oltre duecento che costituiscono il corpus delle loro produzione musicale -, come un libretto d’opera – racconto e musica -, per ricreare un mondo, un’atmosfera, un periodo storico.
Il risultato è stupefacente perché le canzoni dei Beatles sono reinterpretate e ricontestualizzate in modo tale da lasciare sorpresi e sbalorditi per gli effetti creati. Sono le canzoni e non i dialoghi, resi volutamente minimali, a fare da sceneggiatura alle immagini che ripercorrono quegli anni carichi di speranze e di desideri di cambiamento; anni in cui l’impegno politico diventava critica all’intera società: ribellione ai costumi sociali, presa di coscienza per i diritti civili, dei neri e dei più poveri, rivolta nei ghetti e nei campus universitari e marce contro la guerra in Vietnam.
Il prologo è introdotto da Jude, ‘Is there anybody going to listen to my story?’ (Girl), per passare alle immagini parallele di due feste, quella di diploma di giovani wasp nell’East Coast americana e l’altra, in un fumoso locale di Liverpool: ragazze e ragazzi che si muovono comunque sulle note di Hold me Tight. (Qui inizia una serie di citazioni-omaggio ai Beatles come questa allo storico Club Cavern di Liverpool).
Parallelamente la giovane Prudence, studentessa in un college in Ohio, canta I Want to Hold Your Hand rivolgendo la sua timida passione a una sua compagna di studi. Let it Be è cantata da un ragazzino nero, che, nascosto dietro una macchina, assiste alle violenze della polizia nella repressione della rivolta dei ghetti neri; successivamente, sulle stesse note, scorrono le immagini dei funerali del giovane boyfriend di Lucy, caduto in Vietnam e del bambino nero ucciso dalla polizia nella rivolta. Un’appassionata e sensuale Sadie – il riferimento è a Janis Joplin e a Sexy Sadie – canta Why Don’t We Do It in the Road. L’eroticissima I Want You diventa la voce dello zio Sam che chiama i giovani, come Max , fratello di Lucy, sotto le armi per combattere una guerra contro cui gli stessi si stanno ribellando. Come Toghether è cantata in un’esilarante interpretazione da Joe Cocker, prima barbone nella metropolitana, poi magnaccia e infine vecchio hippy.
Gli anni sessanta sono anche gli anni della cultura alternativa, qui descritta con le immagini di un coloratissimo e vivace Village in cui si sperimentano le nuove forme artistiche e musicali, le comuni e la rivoluzione sessuale, le droghe, l’espansione della mente, la ricerca e l’esplorazione interiore. Across the Universe è la scoperta dei nuovi mondi interiori e della mente ed è cantata coralmente dai protagonisti nel loro viaggio psichedelico sul pullman variopinto del dottor Robert, un guru della mente, interpretato da un Bono baffuto che canta I am the Walrus.
Con Strawberry Fields Forever, cantata in coppia con Max sulle immagini della guerra in Vietnam, le fragole della canzone colano il loro succo rosso sulla tela bianca di Jude a rappresentare le strade e i campi di battaglia insanguinati – una citazione da Fragole e sangue – ma anche le sue pene d’amore per Lucy.
Sulle note dolcissime di Why My Guitar Gently Weeps eseguita dal chitarrista Jo-Jo, un verosimigliante Jimi Hendrix, si ascoltano le notizie dell’assassinio di Martin Luther King e si assiste al dolore di un’intera comunità che vede cadere le proprie speranze di riscatto.
E infine All You Need is Love dal tetto di un edificio, altra citazione dei Beatles, invia le note del suo messaggio d’amore in tutta la città. Chiude Lucy in The Sky with Diamonds interpretata da Bono sui titoli di coda, in cui immagini digitalizzate mostrano i protagonisti come figure fluttuanti nello spazio.
Bravissimi i protagonisti che cantano tutti dal vivo e in presa diretta le indimenticabili canzoni dei Beatles riarrangiate e reinterpretate; la coreografia è bella e coerente al tutto e la regia mostra tutta la capacità magistrale di Julie Taymor.