17 ragazze

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Regia  e Sceneggiatura di Delphine e Muriel Coulin

Recensione di Silvana Ferrari

Il presente deve essere carico di ideali per avere un futuro. Deve poter poggiare su utopie collettive e progetti condivisi perché l’energia vitale scorra e fecondi le esistenze.

In una società in cui le giovani generazioni sono spinte alla competizione estrema, in un’arida e perdente emulazione  del mondo degli affari, all’inseguimento di una promessa per un futuro inesistente, il film di  Delphine e Muriel Coulin, sorelle registe e anche sceneggiatrici, vuole scombinare le carte e raccontare una favola in cui 17 ragazze decidono di sconvolgere il mondo degli adulti, di ribellarsi alle sue false promesse, e desiderare di vivere, anche se per un breve tempo, nella dimensione di un fortissimo desiderio di cambiamento. Perché le 17 studentesse dello stesso liceo, che nella cittadina portuale di Lorient – fiorente centro, ora in completa dismissione – restano quasi contemporaneamente incinte, qualcosa si propongono di creare, partendo da sé: un luogo dove poter vivere insieme, dare alle/i loro figlie/i ciò che a loro è mancato, organizzare vite differenti da quelle frustratissime dei genitori.

Ben si muovono le registe nel mostrare l’estrema vitalità di un gruppo di ragazze adolescenti, la vigorosa energia dei corpi quando si spostano in gruppo, alternandola alla solitudine delle singole vite, quando si trovano chiuse e impaurite nelle loro stanzette dalle tinte pastello ancora infantili.  Perché l’adolescenza si nutre,  in  continua oscillazione, di frettolose spinte in avanti e di  facili rimpianti per l’infanzia da poco lasciata.

E ben registrano i cambiamenti dei giovani e bellissimi corpi man mano le gravidanze producono i loro effetti e come orgogliosamente e fieramente siano mostrati: le pance sono esibite, decorate, collettivamente confrontate e accarezzate, un frutto di cui le ragazze si sentono e  sono le  uniche e convinte responsabili.

Come ben ritmati sono i tempi delle chiacchiere e delle confidenze, le contrapposizioni con gli adulti – siano madri, padri, insegnanti, preside – e i giochi con i compagni, gli amoreggiamenti, le feste, i falò di notte sulla spiaggia.

Questo film non può essere compreso e goduto pienamente se non si sospende tutto il pensiero sulla gravidanza e la maternità che ha caratterizzato la mia generazione – parlo di quella del femminismo degli anni settanta;  si vivranno altrimenti con una certa irritazione e ansia le scelte delle protagoniste  di mettere in gioco le loro vite in forma irrevocabile.  D’altra parte emoziona la loro consapevolezza e gioia  di avere un corpo creatore di nuove vite.

A sedici anni si deve poter sognare e si ha tanta energia che gli adulti difficilmente riescono a frenare e  come dice la voce narrante: ‘nessuno può fare niente contro la forza di una ragazza che sogna’.

 

Recensione di Silvana Ferrari